ESISTE UNA CURA PER IL DISTURBO DI ATTACCO DI PANICO?
“Esiste una cura per il mio disturbo?”, “Qual è la cura migliore?”: queste sono le domande più usuali e frequenti che tutti i pazienti si pongono quando vanno alla ricerca del rimedio elettivo per il proprio malessere.
Essi raccontano di aver provato diversi tipi di terapia, ma di non essere riusciti a risolvere il problema, cominciando così a credere nel tempo che non ci sia né possa esistere una soluzione reale.
Questa triste credenza si consolida soprattutto in quei casi in cui il disturbo è presente da diversi anni senza mai aver individuato, pur cercandola, un rimedio adatto alla circostanza.
Chiunque è indotto a perdere la speranza e a scoraggiarsi in una situazione in cui, pur avendo provato e alternato per anni diverse forme di terapie farmacologiche, si ritrova ad avvertire il malessere ancora nel presente con gli stessi fastidi e sintomi, forse gestiti diversamente, ma col medesimo terrore che una crisi possa insorgere all’improvviso, da un momento all’altro, come un fulmine a ciel sereno.
Questa doccia sintomatologica si caratterizza generalmente per un cuore che comincia a battere all’impazzata, le sudate abbondanti, una perdita dell’orientamento, una sensazione di svenire e una malessere diffuso, eppure il paziente in questione assumeva farmaci o ce l’aveva a portata di mano in caso di bisogno.
È emblematica la storia di due pazienti che hanno raccontato, a seduta, di aver girovagato per anni alla ricerca della soluzione migliore: uno diceva avesse sempre in tasca con sé il prodotto di una nota azienda da inserire sotto la lingua in situazione di crisi; l’altro, invece, viaggiava munito di una bottiglietta acquistata in parafarmacia all’essenza dei fiori di Bach così blasonati.
Tuttavia si trattava di falsi rimedi, del tutto effimeri, che risultavano puntualmente vani all’apparire di una nuova crisi, che portava loro a chiedersi se esistesse una cura al loro male.
La cura c’è ed è una delle migliori: si tratta della psicoterapia cognitivo-comportamentale, dove “cognitivo” indica il pensiero e “comportamentale” la condotta di reazione.
Questo tipo di psicoterapia insegna come fare a cambiare i propri pensieri e le credenze riguardo al disturbo.
Il paziente investe tante convinzioni sul disturbo qualificandolo come un qualcosa di devastante e di mostruoso, talmente grande da risultare impossibile da abbattere, perciò emergono le emozioni negative della paura e dello spavento.
Il problema è proprio qui: il disturbo di panico si alimenta della paura, che è fondante nella formazione triste e incresciosa di questo malessere.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale si propone di insegnare qual è il legame tra i pensieri e le emozioni: non ci sarebbe nessuna emozione, se prima di essa non ci fosse un pensiero che la fa scaturire e scatenare.
Ad esempio, non esisterebbe la gioia se non pensassi che la situazione vissuta fosse bella e piacevole; allo stesso modo non si potrebbe provare paura se non pensassi di ritrovarmi dinanzi a una contingenza terrificante.
Questo percorso psicoterapico predispone le tecniche per comprendere come quei pensieri che generano cattive emozioni siano disfunzionali, cioè in possesso di errori in virtù dei quali si ingenerano determinati turbamenti.
Emozioni che possono essere cambiate e, dunque, non provate a patto che si proceda a una modifica dei pensieri: se nel mio meccanismo cognitivo c’è un errore e io imparo a riconoscerlo, se è vero che la mia emozione (ovvero la mia paura nel caso del disturbo di panico) è una conseguenza del mio pensiero, attraverso il controllo di quest’ultimo (tecnicamente detto “ristrutturazione cognitiva) io posso cambiare le risposte emotive.
Nel disturbo in questione, modificare l’emozione significa guarire.
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