Cos’è la depressione

COS’È LA DEPRESSIONE?

La depressione è una patologia che rientra nella famiglia dei disturbi dell’umore.

Si tratta di un disturbo particolarmente diffuso e generalizzato al giorno d’oggi, tant’è che viene spesso etichettetato dall’opinione pubblica come il “male del secolo”.

Questo fatto è supportato dalla constatazione avanzata dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), secondo cui nel giro di pochi anni la depressione rappresenterà la seconda causa patologica di invalidità, subito dopo le malattie cardiovascolari.

Questa patologia colpisce oltre 350 milioni della popolazione mondiale senza alcuna distinzione di sesso, età o classe sociale: la percentuale complessiva si attesta tra il 10 e il 15% delle persone. Essa colpisce le donne adolescenti e adulte con frequenza maggiore e doppia rispetto agli uomini, mentre bambini e bambine ne soffrono allo stesso modo.

Lo stato depressivo può insorgere col suo corredo sintomatologico in chiunque e a qualsiasi età, ma si stima che il limite anagrafico colpito con maggiore frequenza e intensità sia quello tra i 25 e i 44 anni di vita.

Lo stato depressivo si configura come un problema psichico di alterazione, al ribasso, del tono umorale della persona. Il paziente depresso, infatti, è come se vivesse in una bolla di totale pessimismo cosmico sulla propria esistenza e su tutto il mondo circostante: presenta una condizione di costante malessere psicofisico che lo induce a rintanarsi nell’isolamente più cupo.

Tale disposizione di asocialità ha evidenti ripercussioni sulle relazioni interpersonali del soggetto, che, per paura o vergogna di sé o di essere percepito in difficoltà, tende a limitarle o, addirittura, a evitarle completamente, gettando il proprio sfogo emotivo nei pensieri oscuri, nel lamento costante e nel pianto disperato.

Ciò che ne risulta profondamente compromessa, dunque, è l’affettività del paziente in termini di adattamento alla propria situazione familiare, lavorativa, scolastica, alimentare, salutare e del sonno: la qualità di vita usuale subisce un calo drastico.

Non esiste una causa unica alla quale poter additare la responsabilità d’innesco di questo stato patologico, motivo per cui, infatti, si parla di multifattorialità eziologica: in altre parole, più motivi concomitanti provocano il disturbo.

Tra questi fattori, messi in risalto dalle rispettive scuole di pensiero, rientrano:

  1. Fattori genetici e familiari: la vulnerabilità al disturbo sarebbe maggiore in chi ha già sperimentato in famiglie episodi o patologie depressivi.
  2. Fattori biologici: lo stato depressivo sarebbe conseguenza di un’attività difettosa di alcuni sistemi di neurotrasmettitori che ha come esito la compromissione della normale funzionalità di particolari aree del cervello che normalizzano il sonno, l’appetito, il desiderio sessuale e l’umore.
  3. Fattori neurobiologici ulteriori: lo squilibrio dell’asse ormonale responsabile della comunicazione tra le strutture limbiche, l’ipotalamo e l’ipofisi, con il surrene, innalzando il dosaggio di cortisolo nel sangue, innescherebbe determinate manifestazioni sintomatologiche peculiari della depressione.
  4. Fattori psicologici: l’avvio del disturbo depressivo sarebbe strettamente connesso alla psicologia della persona, ossia al suo inconscio e ai rapporti sociali con il mondo circostante.
  5. Fattori ambientali e sociali: condizioni di disagio relative all’ambiente e al sociale di vita influenzerebbero in modo significativo l’insorgenza della depressione.

In virtù di questi aspetti, si può asserire che, colpendo in sinergia la psiche del paziente, essi compromettono in maniera deleteria la flessibilità corretta e funzionale del suo umore: chi soffre di depressione, infatti, non adatta la sua risposta emotiva al piacere o dispiacere della contingenza, bensì persiste nel mantenimento di un tono umorale costantemente rivolto a livelli bassi, indistintamente da ciò che gli accade intorno.

Questo fatto influisce sulla sua perdita di interesse per qualasiasi tipologia di attività svolta sino a quel momento e, purtroppo, sui tormentosi e angoscianti pensieri di autosvalutazione di sé, sfociando talvolta in idee fatali di suicidio e di morte.

Curare il disturbo depressivo, però, è possibile: oltre al più scontato trattamento farmacologico con antidepressivi agenti sui sintomi fisici della persona, esiste un approccio psicologico che negli ultimi anni sta evidenziando la sua enorme efficacia nella cura di questa patologia.

Si tratta della psicoterapia cognitivo-comportamentale, la quale insegna al paziente a riconoscere, identificare, selezionare e correggere quegli errori cognitivi che gli hanno originato e alimentato emozioni negative di paura, ansia, tristezza e autosqualificazione.

A differenza della terapia farmacologica, essa non interviene sul sintomo fisico, che è una conseguenza, ma agisce con forza sulla causa primaria da cui scaturiscono le manifestazioni del disturbo, ovvero sui pensieri distorti e disfunzionali che il soggetto fa in merito alla propria esistenza.

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