COS’È IL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO
È ossessivo-compulsivo quel disturbo che ha a che fare anche con l’ansia nella misura in cui si manifesta sottoforma di ossessioni, compulsioni o entrambe le manifestazioni caratteristiche.
È una patologia particolarmente destabilizzante tanto per il soggetto che ne è vittima, quanto per chi gli vive attorno, dal momento che va inevitabilmente ad alterare in negativo la qualità esistenziale del singolo e, di riflesso, dei suoi cari.
Precedentemente inserito nella famiglia dei disturbi d’ansia, si ritrova attualmente nella nuova categoria dei disturbi psichiatrici, identificato con l’innesco di un meccanismo di causa-effetto in cui, a determinate ossessioni che creano disagio nel paziente, seguono in genere particolari compulsioni di reazione che provano ad attenuarle.
Stando ai dati percentuali, si può rilevare che il DOC (com’è indicato in sigla il disturbo preso in esame) colpisca all’incirca il 2-2,5% della popolazione mondiale, risultando maggiormente incidente negli individui di età compresa tra i 15 e i 25 anni.
Con “ossessione” facciamo riferimento a pensieri, idee, impulsi, immagini ansimanti, sconvolgenti, involontari e incontrollabili che, per il disegno cognitivo angoscioso e intrusivo che ne producono, comportano nella persona delle manifestazioni di ansia, paura e vergogna.
La vittima di questo fatto ossessivo è indotta a focalizzarsi completamente sull’attenzione a questi inganni mentali ciclici di ruminazione, da cui è complicato sfuggire, benchè tenti in ogni modo di adottare delle azioni che possano distrarla da questi pensieri.
Questi tentativi di resistenza, opposizione o fuga al problema non sono efficaci a tal punto da rimuoverlo, ma al massimo portano un sollievo puramente limitato e momentaneo.
Si definisce “compulsione”, pertanto, ogni strategia ed azione di risposta adottata dal soggetto per provare a fronteggiare l’ossessività mentale.
Il soggetto, in preda alla ruminazione cognitiva, si sente indotto e obbligato ad azionare delle pratiche (concrete o psicologiche) per mezzo delle quali aspira, senza troppe possibiltà di risoluzione, a scacciare via l’ansia provocata dai quei pensieri e a contrastare l’ossessività che strugge la sua serenità cognitiva.
Qualificato in termini psichiatrici come “nevrosi ossessiva”, il DOC è un disturbo che può assumere carattere cronico, benchè nell’arco della sua evoluzione possa alternare momenti migliori ad altri peggiori, e può incrementare la sua comparsa rispetto ad entità e intensità fino a compromettere in toto la quotidianità di chi ne soffre. Soltanto in pochi casi ha carattere episodico o situazionale ed è seguito da una rapida remissione totale della sintomatologia che l’accompagna.
Un paziente con disturbo ossessivo-compulsivo è vittima di stati emozionali di ansia e preoccupazione, per cui agisce in modo da affievolirli o quanto meno da ignorarli. Concretizza delle azioni smaniose che rispondono, ad esempio, alla paura smisurata dello sporco, dei germi o di altre sostanze scarsamente igieniche, all’angoscia di poter causare del male a sé o ad altri per un errore involontario, al timore di divenire incontrollabile in termini di aggressività, blasfemia, autolesionistmo, ai dubbi amletici sul rapporto di fedeltà o sul sentimento reciproco tra sé e il partner, all’incertezza legata alla propria omosessualità o eterosessualità, al bisogno costante di riordinare le proprie cose e di posizionare gli oggetti secondo determinati criteri logici.
In base alla sintomatologia con cui compare e si manifesta il DOC, possiamo distinguere ed esplicitare diversi sottotipi di questa patologia. Abbiamo:
- Disturbo ossessivo-compulsivo di lavaggio e pulizia: è il timore di poter essere infettato da germi, batteri, virus o sostanze chimiche rischiose e di poter rappresentare, per questo, una fonte di contaminazione per gli altri.
- Disturbo ossessivo-compulsivo di controllo: è la paura di poter arrecare problemi o danni a sé o ad altri, per errore personale accidentale o meno.
- Disturbo ossessivo-compulsivo di ordine e simmetria: è l’ossessione di dover disporre gli oggetti sulla base di criteri incontrovertibili ed esatti.
- Disturbo ossessivo-compulsivo di accumulo/accaparramento: è il rifiuto a liberarsi di oggetti vecchi col conseguente piacere ad accumularli in sovrannumero.
- Disturbo ossessivo-compulsivo con ossessioni pure: è la ruminazione mentale dettata da idee, pensieri e impulsi inaccettabili per il soggetto in questione.
Per quanto concerne l’eziologia della patologia, sono in fase di sviluppo le ricerche di studiosi in merito a cause genetiche o autoimmuni d’insorgenza del disturbo. Nella maggior parte dei casi, infatti, alla base della comparsa del DOC figurano degli aspetti legati all’individualità del paziente, tra cui gli alti livelli di stress e angoscia da cui scaturiscono stati emotivi di ansia, paura e preoccupazione generalizzati.
È ipotesi ben acclarata che giochi un ruolo importante nell’apparazione della sua sintomatologia caratteristica, l’indole del paziente: un’indole estremamente sensibile dinanzi a situazioni di minaccia o pericolo, predisposta ad emozioni negative, dotata di gran senso civico e responsabile, con peculiarità di fermezza morale e timidezza, è certamente più vulnerabile al DOC.
I pazienti affetti dal disturbo ossessivo-compulsivo patiscono una disfunzionalità, a livello dei neuroni cerebrali, della trasmissione della serotonina.
Esistono, comunque, due possibilità di trattamenti curativi: il percorso farmacologico e quello di psicoterapia cognitivo-comportamentale.
Il primo è stato rivalutato in concomitanza con l’avvento della clomiprina (come l’Anafranil), ovvero un principio attivo appartenente alla famiglia degli antidepressivi triciclici con proprietà inibitorie della ricaptazione neuronale della serotonina (5-HT) e della noradrenalina rilasciate nello spazio sinaptico. Gli studi scientifici hanno dimostrato che, oltre al suo effetto antidepressivo, svolge un ruolo specifico sulla condizione ossessivo-compulsiva, come nel caso degli SSRI (Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina). Occorre individuare il giusto dosaggio da somministrare, rispettandone i massimali: tuttavia, l’approccio farmacologico non è ben accolto dalla totalità dei pazienti, per cui è in ogni caso affiancato da un percorso psicoterapico.
Quello elettivo è, com’è stato detto poc’anzi, la psicoterapia cognitivo-comportamentale: un trattamento che agisce in contemporanea sui pensieri e sui comportamenti del soggetto.
Il primo passo verso la guarigione reale e definitiva del disturbo è l’identificazione, da parte del paziente, degli inganni mentali che lo tormentano: lo specialista, infatti, fornirà le tecniche adeguate a conseguire ciò, insegnando ancora quelle strategie utili a correggere gli errori cognitivi e a ristrutturarli in termini positivi e ottimistici.
Lo psicoterapeuta, dopo aver accolto e analizzato la storia personale del paziente, lo consapevolizzerà del fatto che esistano ben dodici categorie di errori mentali: pensiero dicotomico, ipergeneralizzazione, astrazione selettiva, squalificazione del lato positivo, lettura del pensiero, riferimento al destino, catastrofizzazione, minimizzazione, ragionamento emotivo, doverizzazione, etichettamento, personalizzazione. Per ciascuno di essi illustrerà degli esempi emblematici, cui farà seguito l’apprendimento di strumenti teorici e pratici che guideranno il soggetto nei suoi nuovi pensieri e nei suoi nuovi comportamenti.
Tra questi strumenti menzioniamo il “Modello ABCD” che consente di far comprendere come alla base di una reazione emotiva ci sia il pensiero che l’ha posta in essere, e il “Laddering” che permette la ricostruzione e l’analisi dei flussi di pensiero vissuti dalla mente.
Lo specialista, nel corso delle sedute, indurrà il paziente ad esporsi allo stimolo ossessivo che lo tormenta senza però porlo nella condizione di adottare una reazione di compulsione.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale, in definitiva, dà la possibilità di riottenere il giusto equilibrio nell’approccio psicologico alla quotidianità: vivere le proprie attività con raziocinio implica un’esistenza serena priva di ossessioni e relative compulsioni.
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