Come risolvere l’ansia

COME RISOLVERE L’ANSIA

L’ansia è un disturbo assolutamente frequente, sebbene occorra distinguere tra ansia patologica e ansia funzionale.

Nell’approccio al disturbo d’ansia generalizzata, ovvero quella disfunzionale, è doveroso premettere che l’ansia (funzionale) è un meccanismo assolutamente normale e utile e che, in certe situazione di estremo rischio, può anche salvarci la vita.

È un meccanismo di allarme che ci preavvisa l’eventualità di un pericolo nell’ambiente rispetto alla situazione presente oppure rispetto a una minaccia futura: lo stato di agitazione, in questo senso, consentirà di prevenire o di limitare ogni tipo di conseguenza negativa.

In virtù della sua funzionalità, l’ansia ha il compito di rendere le azioni dell’uomo adeguate alle diverse situazioni che è chiamato ad affrontare: ad esempio, la preoccupazione avvertita per un appuntamento importante comporta una preparazione accurata allo stesso, prestando un grado maggiore di attenzione all’orologio al fine di non risultare in ritardo. O ancora, un altro esempio è l’ansia provata in vista di una performance sportiva: si tramuterà in adrenalina inducendo l’atleta a dare il massimo tanto negli allenamenti quanto nella gara stessa.

L’ansia disfunzionale, al contrario, è un meccanismo di allarme costante e generalizzato, non situazionale né proporzionale in termini di intensità rispetto alla circostanza che si sta vivendo, la quale tra l’altro non presenta reali pericoli. Pecualiarità di questo disturbo è il fatto che essa non si arresti al termine dell’esposizione alla situazione avvertita come minaccia, ma persista ininterrottamente nel tempo riducendo drasticamente la qualità della vita. L’esempio più frequente di ansia disfunzionale è il disturbo di attacchi di panico.

Per risoluzione della patologia non s’intende il tamponamento parziale e momentaneo dei sintomi, bensì la cura della stesso, ossia l’estinzione completa e definitiva del disturbo e di tutte le sue espressioni fisiche.

Per dare risposta al quesito dei pazienti che richiedono quale sia la strategia migliore per guarire il problema, bisogna spiegare il concetto di “cura”.

Per quanto riguarda l’ansia e le sue manifestazioni sintomatologiche, essa va intesa nel senso di remissione integrale e decisiva di tutti i sintomi che il paziente percepisce e un decremento a lungo termine, fino all’annullamento totale, di tutte le espressioni fisiche di malessere che il soggetto lamenta, con l’obiettivo assolutamente conseguibile di riacquisire una vita serena e una quotidianità di qualità.

Le principali strategie di intervento sono due:

  1. Assunzione di psicofarmaci, ovvero la prescrizione del medico di ansiolitici che spesso sono associati ad antidepressivi.
  2. Trattamento di psicoterapia cognitivo-comportamentale.

Numerosi pazienti riferiscono in studio di aver intrapreso da tempo un trattamento esclusivamente farmacologico, di somministrare psicofarmaci quotidianamente e da vari anni, ma la guarigione non si appresta a venire, anzi, in percenutale maggiore, comunicano di non aver acquisito alcun miglioramento della propria condizione clinica o di aver percepito sollievo soltanto nelle fasi iniziali di assunzione, laddove il medicinale sia andato a sedare certe espressioni fisiche dell’ansia o del panico. Motivo per cui sono ricorsi ad altre cure specialistiche e a nuove ricette farmacologiche (generalmente ansiolitici associati ad antidepressivi con principi attivi diversi dai precedenti), ma senza conseguire alcuna soluzione, instaurando d’altro canto una profonda dipendenza dal medicinale.

Mentre alcuni raccontano di aver preso parte a delle sedute di psicoterapia, nessuno di questi pazienti, però, racconta di essersi sottoposto mai ad una psicoterapia propriamente cognitivo-comportamentale. Quest’ultima, infatti, è il trattamento psicoterapico elettivo per curare in modo completo e definitivo, a lungo termine, i disturbi di ansia e di attacco di panico.

La potenza di questo approccio terapeutico risiede nel fatto che, a differenza dei farmaci che intervengono esclusivamente sul sintomo sedandolo temporaneamente, esso agisce su qualcosa che sta a monte delle espressioni fisiche.

Si apre a questo punto uno scenario nuovo e completamente ribaltato rispetto al precedente: i sintomi provati dal paziente ansimante non rappresentano affatto il fulcro del problema.

È credenza comune, infatti, che il nemico da combattere siano le manifestazioni fisiche, andando a battagliarle attraverso la somministrazione di psicofarmaci.

Occorre, pertanto, puntualizzare che i sintomi non sono la causa bensì la conseguenza: i nemici da scoprire, correggere ed eliminare sono i pensieri disfunzionali che il paziente fa rispetto alla situazione (ad esempio, relativamente alla proposta di amici di recarsi in comitiva in pizzeria per gustarsi insieme una pizza o alla vista di un bollettino postale da pagare o quando ci si trova con la propria auto in mezzo al traffico).

Il reale problema da risolvere è il pensiero distorto, da cui scaturisce la paura, che il soggetto innesca nel momento in cui si trova lontano da un luogo avvertito come base sicura, generalmente riconosciuta nella propria abitazione, nel posto di lavoro o, addirittura, nel presidio ospedaliero.

I sintomi sono una conseguenza veicolata dal contenuto di determinati meccanismi cognitivi che generano e alimentano stati d’animo di agitazione e preoccupazione, da cui si producono tensione, sudorazione, tachicardia, ecc.

La psicoterapia cognitivo-comportamentale insegna a riconoscere, tramite la psicoeducazione, quali pensieri sono disfunzionali, come e perché lo sono. Suggerisce, inoltre, delle tecniche di comprensione, di correzione e di cambiamento del pensiero.

Osservando delle tecniche di ristrutturazione dei meccanismi mentali in quanto causa del disturbo, si va a combattere il problema nella sua origine scatenante, per cui verranno meno i frutti spinosi che ne produce, ossia i sintomi fisici.

Pensieri di natura diversa produrranno emozioni di matrice opposta: positività generà altra positività.

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