COME RISOLVERE I PROBLEMI DI EREZIONE: LA CURA MIGLIORE PER AFFRONTARE UNA DISFUNZIONE ERETTILE
Il problema di erezione di natura psicologica si constata in quei pazienti, soprattutto nei giovani, che soffrono di ansia da prestazione sessuale, ovvero avvertono la disfunzione nella specifica circostanza di approccio imminente al consumo di un incontro intimo e di un atto penetrativo con la propria partner.
Questi stessi soggetti raccontano in studio di essere in grado di produrre un’erezione di qualità, con una buona consistenza e durata, quando sono da soli, lontani da una situazione in cui sarebbe richiesto loro di compiere la penetrazione di una donna. Tale funzionalità erettile normale è ravvisabile nelle erezioni spontanee notturne tipiche della fase REM o quelle al risveglio mattutino, o ancora nella pratica masturbatoria di autoerotismo: in queste circostanze il paziente non deve dar conto ad altri di sé e della propria prestazione, per cui non ha paura di fallire in alcun modo, è molto sereno, raggiunge l’eccitazione ed è naturalmente in grado di avere l’erezione in modo corretto. La difficoltà erettile, pertanto, si verifica esclusivamente in quei momenti esatti d’intimità sessuale in cui il paziente dovrebbe “dar conto” di sé alla partner, ossia quando gli viene richiesta la penetrazione: questi fatti gli innescano ansia rispetto alla performance e, data l’impossibilità di eccitarsi, gli provocano la disfunzione erettile l’impraticabilità del rapporto, incrementando schemi cognitivi di preoccupazione, negatività e autosqualificazione e forti dubbi circa la propria capacità di essere un buon amatore.
Le erezioni spontanee e la masturbazione sono prove evidenti del fatto che il paziente non abbia un deficit erettivo dovuto ad una natura organica perché, se così fosse stato, non sarebbe stato capace di produrre l’erezione in nessuna circostanza.
Un soggetto con problemi fisici, dunque, non ha mai l’erezione oppure qualitativamente scarsa in rarissime occasioni: stabilire se il disturbo è di natura fisica è piuttosto semplice, basta affidarsi a medici specialisti quali l’urologo, l’andrologo o, in prima battuta, il medico curante: gli approfondimenti andranno a ad appurare o meno la natura organica di un’erezione difficoltosa, la quale può essere causata, ad esempio, dagli effetti collaterali di determinati farmaci (come ansiolitici o antidepressivi) somministrati dal paziente per altri motivi di salute. Alla perdita del vigore erettivo possono contribuire anche dei problemi ormonali tiroidei, dei problemi neurologici, dei problemi prostatici, dei problemi chirurgici o il diabete: però non c’è da disperare, perché un riadattamento della cura farmacologica o la sostituzione di un farmaco con un altro, può risolvere il disturbo.
Ribadendo, una persona che ha una funzionalità erettile corretta e normale in tutte le situazioni fuorchè in quella specifica di incontro intimo e concreto con la partner, non può ascrivere la causa di ciò a un problema di matrice fisico-medica: l’aspetto da curare è esclusivamente psicologico-cognitivo.
In genere, il soggetto che sperimenta un deficit erettivo psicogeno fino all’esordio della sua storia clinica ha avuto una vita sessuale soddisfacente, nel senso che, prima di mettersi in gioco sessualmente, ha vissuto delle erezioni spontanee e delle erezioni secondarie dovute all’eccitazione in maniera fisiologicamente corretta e normale. Motivo per cui non si è mai resoconto di poter incappare in defaillance fino al momento del primo rapporto sessuale, quando l’aspetto più importante ai fini penetrativi è venuta a mancare, l’erezione. A questo punto il paziente comincia ad attuare una serie di riflessioni sulla propria condizione, innescando meccanismi mentali che generano l’ansia da prestazione sessuale con pensieri di paura e di tristezza, come quello tipico di non essere più in grado di produrre l’erezione.
Attenzione: la persona che desidera di avere l’erezione per completare un rapporto sessuale con l’atto penetrativo, proprio in quel momento si concretizza l’inganno mentale (e fisico) per cui essa viene a mancare. Se si andasse ad analizzare gli schemi cognitivi che hanno provocato questo fatto, ci si renderebbe conto che alla base di tutto ci fossero pensieri di paura rispetto al fatto che l’erezione non si venga a produrre neppure in questa occasione, come già accaduto in esperienze pregresse.
Molti pazienti racconta che, in previsione di un incontro con una donna, possedevano delle erezioni soddisfacente quand’erano ancora da soli in casa e fantasticavano sull’incontro che ci sarebbe stato di lì a breve, o anche che durante le prime fasi dell’incontro con la partner erano presenti eccitazione ed erezione. Tuttavia, nel momento culmine in cui il soggetto si apprestava ad abbassare gli slip per scoprire il pene, la sua consistenza veniva meno rendendo impossibile una riconquista dell’erezione in quella situazione e, quindi, il fallimento del rapporto sessuale senza alcuna penetrazione. Una defaillance che ha alimentato meccanismi cognitivi di umiliazione e di autosqualificazione, colpevolizzandosi dell’increscioso accaduto, di non essere stato capace di conseguire il rapporto e di soddisfare la donna. Sono in realtà questi stessi errori di pensiero ad aver scaturito, precedentemente, la perdita erettile, dal momento che l’uomo si è accostato all’intimità con la donna voglioso di doverle dare dimostrazione di virilità attraverso la produzione dell’erezione e il raggiungimento dell’orgasmo reciproco.
Lo stress psicologico frutto di tali pensieri, infatti, ha prodotto l’ansia da prestazione sessuale, in cui due emozioni di base la fanno da padrone: paura e tristezza. In presenza di queste emozioni o di soltanto una delle due, un uomo non riuscirà ad eccitarsi e a conseguire l’erezione perché vissuti emotivi incompatibili con l’eccitazione.
Si può ricorrere a un esempio particolarmente estremo quanto esplicativo: si può immaginare che il soggetto si ritrovi ad avere la donna più bella del mondo nuda e che non aspetta altro che essere posseduta sessualmente dallo stesso in una circostanza particolare, ovvero in piedi sul cancello di una villa; a questo punto, dinanzi alla possibilità concreta di consumare il rapporto, si può aggiungere nell’immaginario la presenza di un cane, un pastore tedesco, che dall’interno della villa, tra una sbarra e l’altra del cancello, abbaia e ringhia contro di loro a poca distanza. Dinanzi alla ferocia sbizzarrita del cane, i pensieri che il soggetto fa sono di paura: la presenza di questo stato psicologico ed emotivo – in qualsiasi tipo di situazione, anche meno estrema e normale – non è ideale per eccitarsi, pertanto egli sarà impossibilitato a produrre l’erezione, nonostante l’occasione di poter essere in intimità con la donna più bella del mondo.
Per ottenere un’erezione soddisfacente in consistenza e durata del membro, è fondamentale un coinvolgimento emotivo positivo: il desiderio e l’eccitazione.
Uno scenario particolarmente interessante che si apre sulla comprensione e sugli inizi di cura del deficit di erezione riguarda i pensieri che la persona ha riguardo la propria sessualità e la capacità di avere un’erezione e, per legame diretto, le emozioni che si percepiscono. Tra psiche, emozione e azione intercorre una correlazione profondissima.
Infatti, è sbagliato credere che sia la situazione a generare l’erezione: ossia reputare che se si è in compagnia di una bella donna o della persona che amo, e la desidero, si debba necessariamente produrre l’erezione in una sorta di causa ed effetto. L’erezione, invece, è assolutamente una conseguenza dell’emozione e l’emozione è una conseguenza del pensiero: se i pensieri si configurano come interrogativi e perplessità sulla riuscita o sul fallimento dell’incontro intimo (del tipo: “Riuscirò ad avere l’erezione?”, “Sarà di nuovo una defaillance?”, “Sarà in grado di soddisfare la mia donna?”, “Riuscirò a penetrarla?”), la profezia tanto temuta si autoavvera.
Da qui, la persona comincerà ad autosvalutarsi incappando in un errore cognitivo caratteristico del problema erettile, l’ipergeneralizzazione: uno specifico evento è visto come essere caratteristica di vita in generale piuttosto che come essere un evento fra tanti: è fare di tutta l’erba un fascio. Il paziente potrebbe pensare: “Non sono riuscito ad avere l’erezione una volta, perciò non riuscirò a produrla in nessun’altra situazione futura”. Le emozioni che ne derivano non possono che essere di tristezza e di paura: lo sconforto nel prospettarsi a mente la propria incapacità ad avere un rapporto non permetterà di eccitarsi e quindi di produrre l’erezione.
Bisogna consapevolizzarsi, pertanto, che è proprio questa logica di approccio alla sfera sessuale a provocare il fallimento del rapporto: non si è tristi perché non si ha l’erezione, bensì non si ha l’erezione perché si è tristi.
Si tratta di un meccanismo estremamente pericoloso che, se non spezzato e corretto attraverso una ristrutturazione cognitiva, comporterà in ogni occasione successiva una mancanza di erezione, riconfermando sempre di più l’incapacità personale a conseguire ad avviare un rapporto. È un fatto, questo, che va a saldare nell’uomo vittima del disturbo la convinzione di essere “impotente” (termine forte che predominava fino a qualche decennio fa e che, oggigiorno, è stato reso fortunatamente obsoleto).
Bisogna comprendere che la disfunzione erettile è semplicemente un sintomo e non una malattia: il problema si può curare in modo semplice e piuttosto veloce, individuando le cause e i meccanismi mentali posti in essere che si innescano di getto nel momento esatto in cui sta per abbassare i propri slip. A questo preciso punto si conoscerà il responso circa la possibilità di proseguire con la penetrazione o l’impraticabilità del tutto a causa di una defaillance erettiva.
Numerosi pazienti con problemi d’erezione raccontano in studio di provare a fronteggiare la situazione rivolgendosi a delle situazioni-tampone, ovvero la somministrazione di farmaci vasodilatatori molto conosciuti, quali il cialis, il viagra e il levitra. Si tratta di medicinali che esercitano un’azione di rilassamento nei confronti dei muscoli dei vasi sanguigni comportando la conseguente dilatazione degli stessi. Ma la necessarietà della loro somministrazione nei pazienti con problemi di disfunzione erettile dipende dalle cause del problema stesso: essi sono efficaci in quei soggetti la cui disfunzionalità è conseguenza di un problema organico, ma al contrario il loro uso è sconsigliato oltre che inutile nei pazienti con disfunzione di natura psicologica (non sono fonte d’ausilio per la corretta produzione erettiva), perchè ciò che va loro ristrutturato non è la corretta organicità, bensì lo schema cognitivo. Questo fatto è riportato su tutti i foglietti illustrativi, su cui si legge che la potenza del farmaco è inefficace qualora il paziente non presentasse una frequenza di pensiero funzionale e positiva e l’eccitazione, che nei soggetti con ansia da prestazione sessuale è inibita dagli errori cognitivi che generano ansia e preoccupazione; mancanza di eccitazione che, a sua volta, influirà direttamente sulla mancanza d’erezione.
In conclusione, per cambiare la situazione occorre modificare i pensieri: ristrutturarli in ottica positiva e ottimista, così che il momento sessuale possa riacquistare la sua essenza di piacere.
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