COME CURARE IL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO
Con l’etichettatura scientifica di “disturbo ossessivo-compulsivo” si fa riferimento ad una patologia, originariamente inclusa nella famiglia dei “disturbi d’ansia”, attestata attualmente tra i “disturbi mentali”.
Il corredo sintomatologico che l’accompagna è costituito, com’è ben intuibile dalla sua denominazione, dalla presenza di ossessioni, compulsioni o entrambe le comparse.
Con “ossessione” circoscriviamo l’insorgenza di idee, impulsi, pensieri di natura, appunto, ossessiva: l’angoscia e il tormento che ne scaturiscono, destabilizzano la corretta funzionalità fisiologica del cervello del paziente, il quale, in preda all’ansia e alla paura, si ritrova travolto da inganni mentali svalutativi e maligni.
La “compulsione”, invece, indica la condotta di reazione attuata dal soggetto per limitare, contrastare od opporsi al flusso tormentoso di immagini cognitive che lo attraversano: si tratta, fondamentalmente, di azioni psicologiche o pratiche che la vittima di DOC si sente costretta ad adottare strategicamente per distrarsi dall’ossessività che lo avvolge. È indotto alla concretizzazione di azioni smaniose che rispondono, ad esempio, alla paura smisurata dello sporco, dei germi o di altre sostanze scarsamente igieniche, all’angoscia di poter causare del male a sé o ad altri per un errore involontario, al timore di divenire incontrollabile in termini di aggressività, blasfemia, autolesionistmo, ai dubbi amletici sul rapporto di fedeltà o sul sentimento reciproco tra sé e il partner, all’incertezza legata alla propria omosessualità o eterosessualità, al bisogno costante di riordinare le proprie cose e di posizionare gli oggetti secondo determinati criteri logici. Ma qualsiasi cosa faccia, risulta tutto inutile.
Cosa causa il DOC? Sono in via di elaborazione ed approfondimento gli studi scientifici che rilevano cause genetiche o autoimmuni d’insorgenza del disturbo. Sono, invece, ben evidenti i risultati secondo cui l’insorgenza della patologia è correlata ad aspetti del paziente, tra cui gli alti livelli di stress e angoscia da cui derivano emozioni di ansia, paura e preoccupazione generalizzati.
È fondamentale, dunque, la natura caratteriale del paziente: un’indole estremamente sensibile contingenze minacciose o pericolose, predisposta a stati emotivi negative, dotata di gran senso civico e responsabile, con peculiarità di fermezza morale e timidezza, è certamente più vulnerabile al DOC.
Le ricerche hanno dimostrato che i pazienti affetti dal disturbo ossessivo-compulsivo patiscono una disfunzionalità, a livello dei neuroni cerebrali, della trasmissione della serotonina.
Ma curarsi è possibile, e lo si può fare attraverso due differenti trattamenti curativi: il percorso farmacologico e quello di psicoterapia cognitivo-comportamentale (che spesso e volentieri viene associato al primo). Approfondiamoli nel dettaglio:
- Trattamento farmacologico: in una prima fase, la farmacoterapia è risultata deludente nell’approccio curativo del DOC. La rivalutazione della psicofarmacologia si è verificata in concomitanza con l’avvento della clomiprina (Anafranil), ovvero un principio attivo appartenente alla famiglia degli antidepressivi triciclici con proprietà inibitorie della ricaptazione neuronale della serotonina (5-HT) e della noradrenalina rilasciate nello spazio sinaptico. È stato dimostrato, infatti, che la clomiprina, oltre al suo effetto antidepressivo, svolge un’azione specifica sulla condizione ossessivo-compulsiva, come nel caso degli SSRI (Inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina), dove adempiono a tale funzione antiossessiva fluoxetina, fluvoxamina, paroxetina, citalopram e sertralina.
Una percorso farmacologico risulta efficace se la somministrazione dei medicinali è adeguata e limitata, in termini di dosaggio, ai massimali permessi per ciascuna molecola. Per ricavare una risposta clinica positiva degli effetti degli SSRI occorre attendere un periodo di circa 10/12 settimane, a differenza delle 3/4 con gli antidepressivi.
Si è compreso, purtroppo, che il 30-40% dei pazienti, non reagisce bene alla cura farmacologica per il DOC. E inoltre, anche in coloro che riescono a conseguire degli effetti benefici, la risposta è comunque incompleta: soltanto un numero piuttosto esiguo di soggetti, infatti, perviene a una remissione totale delle manifestazioni sintomatologiche del disturbo.
Si può ottenere un buon risultato terapeutico attraverso l’assunzione combinata di clomipramina e di un farmaco SSRI, della clomipramina somministrata per via endovenosa (risultata più potente per quei pazienti che non rispondono all’ingerimento per via orale) o di neurolettici di ultima generazione, come il Risperidone (Risperdal, Belivon), l’Olanzapina (Zyprexa) e la Quietapina (Seroquel).
In ogni caso, la farmacoterapia, che può alleviare il disagio sintomatologico, deve sempre essere accompagnata dalla terapia cognitivo comportamentale, che rappresenta l’appoccio curativo migliore del disturbo ossessivo-compulsivo.
- Trattamento di psicoterapia cognitivo-comportamentale: come anticipato, accanto alla cura farmacologica del DOC, esiste un trattamento dallo specifico approccio psicologico cognitivo-comportamentale che, come ben esplicita il nome, agisce parallelamente sulla psiche e sulle condotte del paziente.
È la cura elettiva del disturbo ossessivo-compulsivo, dal momento che una farmacoterapia esclusiva non può prescindere dalla combinazione con questo tipo di percorso psicoterapeutico.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale, sotto la guida di uno specialista, insegna al paziente a riconoscere, identificare, selezionare e correggere quegli inganni mentali che gli provocano disagio, malessere ed emozioni negative.
Si discosta dalla terapia farmacologica per il fatto di non agire direttamente sul sintomo fisico, che è in realtà una conseguenza, ma perché interviene sulla causa primaria da cui scaturiscono le manifestazioni del disturbo, ovvero sui pensieri da cui il soggetto è ossessionato.
Lo psicoterapeuta, infatti, partendo dall’ascolto e dalla comprensione della storia personale del paziente, lo indirizzerà ad analizzare e ad autoanalizzarsi in merito ai pensieri ossessivi che lo inducono ad adottare certe strategie rituali con cui cerca di opporsi e resistere, ovvero le compulsioni.
Le tecniche e gli strumenti che gli verranno forniti dapprima teoricamente e poi applicandoli in concretezza, saranno la base da cui partire per operare una correzione e una ristrutturazione degli stati cognitivi disfunzionali e distorti posti in essere fino a quel momento.
Disfunzionali e distorti perché sono errori di pensiero. Se ci chiedissimo in quanti modi la mente umana può sbagliare, saremmo tentati di rispondere in infiniti modi a seconda delle circostanze. In realtà la mente può sbagliare in dodici modi diversi perché altrettante sono le categorie d’errore: pensiero dicotomico, ipergeneralizzazione, astrazione selettiva, squalificazione del lato positivo, lettura del pensiero, riferimento al destino, catastrofizzazione, minimizzazione, ragionamento emotivo, doverizzazione, etichettamento, personalizzazione.
La soluzione che consente di prevenire di incappare in queste dodici categorie d’errore di pensiero è la ritrutturazione cognitiva, ovvero la conoscenza degli assurdi logici che la mente umana può compiere e il loro riconoscimento attraverso l’applicazione di esempi illustrativi ad essi relativi.
A tal proposito, è opportuno descrivere due strumenti tecnici particolarmente importanti e di cui lo psicoterapeuta fornisce alla persona le corrette modalità d’uso: il “Modello ABCD”e il “Laddering”.
Modello “ABCD” è una tecnica usata per consapevolizzare il paziente di come i suoi pensieri di interpretazione degli eventi che avvengono in una determinata situazione reale o dei ricordi, provochino le emozioni di base (gioia, sorpresa, paura, tristezza, rabbia, disgusto) che prova. È un modello “ABCD” a quattro colonne congiunte da frecce consequenziali, in cui la colonna di “A” sta ad indicare la situazione (“Che cosa è successo?”), la “B” indica i pensieri (“Che cosa ho pensato?”), la “C” indica i sintomi e le espressioni fisiche, ovvero la reazione emotiva (“Come mi sono sentito?”), la “D” indica la condotta (“Che cosa ho fatto?”). È utile rimarcare il fatto che la reazione emotiva sia una conseguenza diretta dei pensieri del paziente e non di ciò che è successo: il pensiero è il fulcro di tutto ed è alla base del disagio ossessivo che perseguita chi soffre del DOC.
Il Laddering, invece, è una tecnica che consente di analizzare e di riconoscere il flusso di pensieri che la mente pone in essere (lavora sul “B” del Modello ABCD). Secondo alcuni studi scientifici ogni uomo compie quotidianamente circa 60mila pensieri, dei quali riesce a riconoscerne solo una minima parte (mille, duemila al massimo). Il laddering permette di ricostruire il legame esistente tra un pensiero e l’altro, da cui scaturisce la concatenazione di pensieri. I pensieri si legano tra loro innanzitutto per associazione: la mente ricava le informazioni dalla propria memoria a breve/lungo termine associandole alle informazioni contemporanee, producendo il pensiero successivo e così via. Il paziente con disturbo ossessivo-compulsivo si sente in un attimo travolto da migliaia di pensieri che non riesce a bloccare e gli provocano un ventaglio di emozioni violente e veloci che non è in grado di comprendere, scaturendo determinate risposte di compulsione.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale, dunque, fornisce le pratiche per attuare un modo di ragionare più equilibrato e razionale nel fronteggiamento delle attività quotidiane con uno spirito emotivo positivo. Questo approccio terapico, che va a intervenire parallelamente sui pensieri e sui comportamenti del paziente, tende ad educare i pazienti alla rimozione dei meccanismi cognitivi di ossessione e delle condotte di compulsione attuate per reazione.
Lo specialista, nel corso delle sedute, indurrà il paziente ad esporsi allo stimolo ossessivo che lo tormenta senza però porlo nella condizione di adottare una reazione di compulsione.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale, così facendo, darà la possibilità di riottenere il giusto equilibrio nell’approccio psicologico alla quotidianità: vivere le proprie attività con raziocinio implica un’esistenza serena priva di ossessioni e di relative compulsioni.
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