LE CAUSE DEL CALO DI DESIDERO SESSUALE E COME RISOLVERE
Sovente in studio si assiste al racconto di pazienti che, nel momento in cui devono consumare un rapporto sessuale o anche nelle ore precedenti alla performance, assistono ad una mancanza di desiderio. Questo è un fatto che logicamente va a generare la preoccupazione del soggetto, il quale tende a focalizzare tutta la propria attenzione su questa mancanza e ad agitarsi su quel che potrebbe essere il seguito di questa condizione.
Le esperienze cliniche appurate ed ascoltate durante le sedute confermano quelle che sono le credenze e le valutazioni sbagliate alimentate dal soggetto, qualificabili come profezie che si autoavverano nella praticità delle circostanze: nella maggior parte dei casi, infatti, si verificano difficoltà nella produzione e nel mantenimento dell’erezione o comunque una prestazione sessuale non soddisfacente.
Notiamo, dunque, come al calo del desiderio sessuale si leghi indissolubilmente la conseguenza fisica della mancanza di erezione o della produzione scarsa e insoddisfacente della stessa, al fine di poter completare un incontro sessuale piacevole e sereno con la propria donna.
Bisogna comunque differenziare tra i casi in cui l’erezione non si produce affatto e i casi in cui, invece, pur presentandosi, non comporta una prestazione sessuale di qualità e appagante di godimento e di piacere.
Il problema del calo del desiderio sessuale correlato a un problema organico (determinato ad esempio da problemi neurologici, da problemi prostatici, da malattie come il diabete o dall’assunzione di farmaci ansiolitici o antidepressivi) è altra questione rispetto a quella che ci apprestiamo a trattare in questo documento, ovvero quella relativa ad un’ansia da prestazione sessuale, d’ambito esclusivamente psicologico.
Il paziente che riferisce una carenza di desiderio dovrebbe cominciare ad analizzare quali sono le dinamiche di questo stato emotivo e stabilire se trattasi di una condizione legata all’ansia rispetto al rapporto che ci si appresta a consumare e alla preoccupazione per la buona riuscita della propria prestazione.
Molti uomini, nel corso delle sedute in studio, riferiscono di aver già sperimentato degli episodi in cui si è verificata la disfunzionalità erettile, cioè di non essere riuscito ad avere o a completare correttamente l’incontro sessuale con la partner. Questa è la prova del nove che si tratti di problema psicologico, motivo per cui il paziente si focalizza con tormento sugli interrogativi relativi alla qualità della propria erezione, alla bontà della performance in termini di consistenza e durata, alla soddisfazione della partner, alla paura di fallire durante l’atto penetrativo.
Le cause che si pongono alla base di questo particolare problema sono rintracciabili nella psicologia della persone, ovvero negli errori cognitivi che il paziente fa. Esistono dodici categorie di errori corrispondenti ai dodici differenti modi in cui l’essere umano può sbagliare. Ci concentrermo, in particolare, su quelle che principalmente fanno la differenza (in negativo) nell’alimentazione del disturbo erettile e del calo del desiderio sessuale. Si tratta di:
- Ipergeneralizzazione: uno specifico evento è visto come essere caratteristica di vita in generale piuttosto che come essere un evento fra tanti: è fare di tutta l’erba un fascio. Il paziente potrebbe pensare: “Non sono riuscito ad avere l’erezione una volta, perciò non riuscirò a produrla in nessun’altra situazione futura”. L’emozione che ne scaturisce non può che essere di tristezza e di paura: lo sconforto nel prospettarsi a mente la propria incapacità ad avere un rapporto non permetterà di eccitarsi e quindi di produrre l’erezione.
- Ragionamento emotivo: considerare le reazioni emotive come reazioni strettamente attendibili della situazione reale. Ad esempio, decidere che siccome ci si sente sfiduciati, la situazione è senza speranza. Il paziente potrebbe pensare: “Dato che mi sento così intimidito/spaventato/triste/ansioso, allora è vero che nemmeno questa volta riuscirò ad avere un’erezione/a mantenere un’erezione e un rapporto sessuale”. Lo stato emotivo è assunto come prova del proprio futuro insuccesso: ragionando così, il fallimento sarà purtroppo inevitabile. È evidente che questo errore di pensiero ne consegue un altro, ovvero quello dell’ipergeneralizzazione, in base alla quale “Dato che non sono riuscito ad avere l’erezione una volta, non ci riuscirò mai più in futuro”: ma non è possibile riferirsi al destino con capacità di preveggenza di cui non si è dotati.
- Riferimento al destino: l’individuo reagisce come se le proprie aspettative negative sugli eventi futuri siano fatti stabiliti, ovvero sa già che succederà una certa cosa o che una certa cosa andrà male. Può sembrare banale e scontato precisare che l’uomo non ha, tra le sue innumerevoli capacità, la dote della preveggenza. Il paziente potrebbe pensare: “Lo so già che l’incontro sessuale andrà male”, “Lo so già che non riuscirò ad avere mai più l’erezione”. Questa immaginazione provocherà tristezza nel soggetto, il quale si appresterà al cospetto della donna non con gioia e piacere, ma con un basso desiderio di fare sesso; automaticamente non sarà in grado di eccitarsi e di produrre l’erezione, la quale non è affatto controllabile a livello fisico, ma è un meccanismo fisiologico e spontaneo che si verifica laddove ci sia un’eccitazione di fondo. Motivo per cui molti pazienti con tali pensieri cominciano a non cercare nemmeno più un approccio, una conoscenza o una frequentazione con una donna: l’ansia di fallire è più intensa di qualsiasi altro desiderio. L’evitamento è una forma (sbagliata) di autoprotezione, messa in atto dal soggetto per evitare di minare alla radice la residua autostima.
Altro pensiero comune è: “Devo abituarmi all’idea di non poter avere un’erezione”. Questa è una chiara forma di rassegnazione: questo è il pensiero riferito, tuttavia la persona non riuscirà mai ad abituarsi a tutto ciò o a farsene una ragione, perché desidererebbe consumare un rapporto, ma è convinta di non riuscirci e per questo lo evita, abituandosi all’astinenza. È certo di non poter produrre un’erezione in presenza di una donna, benchè quando si è da soli in casa le erezioni di qualità non manchino, spontanee o indotte da materiale erotico audio-visivo o immaginativo durante la pratica masturbatoria, in virtù del fatto che non gli è richiesto alcun contatto diretto con l’eventuale donna da penetrare. L’erezione si produce ristrutturando certi tipi di pensiero altamente negativi.
O ancora: “Nessuna donna vorrà stare mai con me”. Se è questo il pensiero principale, il soggetto finirà con l’abbandono della ricerca di una partner da conoscere e frequentare ed eviterà a priori questa tipologia di situazione che potrebbe sfociare in un rapporto intimo perché si dice consapevole che tutte lo rifiuteranno. Ma questa strategia di evitamento nel fronteggiare la situazione, non farà altro che consolidare la convinzione di non essere in grado di avere una donna che lo apprezzi.
- Catastrofizzazione: gli eventi negativi che possono capitare sono trattati come intollerabili catastrofi piuttosto che essere visti nella giusta prospettiva. Il paziente, in questo contesto, potrebbe generare pensieri del tipo: “La mia vita è rovinata”, in riferimento alla mancanza d’erezione. È la vita di coppia semmai ad essere insoddisfacente, è una vita incompleta, ma non è un problema irrimediabile: la ristrutturazione dei pensieri conseguirà la possibilità di ritornare a produrre l’erezione e l’atto penetrativo.
Altro pensiero tipico: “È gravissimo non riuscire a soddifare una donna”. Sicuramente è una sensazione spiacevole, ma non è assolutamente ciò che di più grave possa accadere nella vita, anche perché è perfettamente risolvibile. A questo punto s’innesca uno stato emotivo di paura terribile circa ciò che la propria partner potrebbe pensare negativamente su di lui (che sia un fallimento, un uomo poco virile, un pessimo amatore, ecc..) e circa la stabilità della relazione, che potrebbe venire meno a causa di una vita sessuale insoddisfacente.
Ancora: “È una catastrofe rinunciare ai uno dei piaceri della vita”. Si tratta di un pensiero più relativizzato rispetto ai precedenti in quanto si parla di “uno dei” e non “dell’unico piacere della vita”. Cominciando, passo dopo passo, a ristrutturare le convinzioni estremizzanti, si ridimensioneranno di conseguenza le emozioni di paura e di preoccupazione che intervengono per dare vita e forza al disturbo d’ansia da prestazione.
In studio si ha a che fare con due tipologie differenti di pazienti: coloro che comunicano di avvertire il calo del desiderio sessuale in maniera occasionale, di tanto in tanto, e coloro che, al contrario, attestano su di sè questo fatto in modo stabile e continuo, da vario tempo pregresso, anche da anni prima.
Nel caso dei soggetti con una riduzione della voglia d’intimità occasionale, può essere un fatto normale, dal momento che non è un obbligo morale o fisico possedere lo stesso grado di desiderio in ogni momento della propria vita: una situazione temporanea di discesa delle pulsioni indotta da particolari episodi di stress o tensioni, da problemi di vario tipo quali preoccupazioni dovute al lavoro, all’ambiente familiare, alla salute propria o dei familiari.
Altra storia è invece se ci si trova dinanzi ad un’esperienza di calo sessuale consolidata da tempo. Abbiamo già chiarito che è un effetto generalmente connesso a fatti di defaillance vissuti in passato e che hanno innescato nel paziente un circolo vizioso di pensieri disfunzionali e distorti sulla propria capacità di condurre in maniera normale un incontro sessuale. Dubbi che alimentano in modo esponenziale lo stato emotivo di ansia e paura rispetto alla situazione e che non faranno vivere il rapporto d’intimità con la propria partner in modo sereno e con la giusta naturalezza di piacere, bensì come un banco di prova con cui confrontarsi e da cui può dipendere la propria immagine: tanto spesso, infatti, il paziente si preoccupa e si interroga su ciò che la donna potrebbe pensare di negativo di lui.
Occorre comprendere queste dinamiche fuorvianti e correggerle tramite la ristrutturazione cognitiva: il suggerimento più utile è di iniziare un’indagine personale di autoanalisi circa i meccanismi mentali che provocano il calo del desiderio sessuale; laddove non fosse sufficiente, è opportuno avviare una psicoterapia cognitivo-comportamentale che fornisca le conoscenze adeguate circa la connessione tra pensiero, emozione e azione, e le tecniche strategiche utili a riconoscere, correggere e prevenire gli errori di pensiero che provocano il problema affrontato.
Articolo a cura: Dott. Pierpaolo Casto – Psicologo e Psicoterapeuta – Specialista in Psicoterapia Cognitivo Comportamentale
Si consiglia il seguente video “Calo del desidero sessuale: perché accade e come risolvere” (A cura del Dott. Pierpaolo Casto)