I SINTOMI E LA DEFINIZIONE DEL DISTURBO DI ATTACCHI DI PANICO
Il disturbo di attacchi di panico appartiene alla famiglia dei disturbi di ansia.
Spesso non viene riconosciuto sin da subito nel paziente, infatti ci si ritrova spesso in studio dinanzi a persone che prima di arrivare a questa diagnosi, hanno provveduto a fare una serie di accertamenti medici per scongiurare una condizione fisica.
In molti casi clinici si assiste a storie di pazienti che sono corsi al pronto soccorso per paura di essere vittime di un infarto, di un ictus o comunque di una situazione di pericolo per la propria vita, riferita – secondo il soggetto – a un problema fisico.
Sintomi caratteristici quali la tachicardia e il senso di svenimento hanno allarmato il paziente che si è naturalmente rivolto a cure specialistiche. I primi accertamenti al pronto soccorso, consistenti generalmente in esami cardiologici come l’elettrocardiogramma, scongiurano la condizione cardiaca.
A questi potrebbero seguire altri approfondimenti medici di natura pneumologica o neurologica ad esempio, i quali nella maggior parte dei casi appurano la totale sanità organica del soggetto.
La sfera da prendere in esame è, dunque, quella psicologica: il disturbo di attacchi di panico è particolarmente frequente, tant’è che le statistiche dimostrano che nella popolazione totale almeno 25 persone su 100 hanno vissuto almeno una situazione di crisi nella propria vita.
Al fine di identificarlo, esistono dei sintomi fisici distintivi che devono essere studiati e approfonditi da uno specialista per poter definire la condizione di panico e operare su questa base una diagnosi differenziale.
Il punto di riferimento più importante nella diagnosi dei disturbi psicologici è il DSM, ovvero il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali sul quale sono raccolte tutte le schede di ogni disturbo e per ognuna di esse vengono indicati i sintomi riferiti all’etichetta diagnostica.
Le espressioni e i sintomi fisici distintivi (e riconosciuti ufficialmente) della crisi di attacco di panico sono tredici, e una crisi può dirsi tale se il paziente ne riconosce almeno cinque. Essi sono:
- Palpitazioni: cardiolpalmo o tachicardia.
- Sudorazione: tipicamente alla fronte e/o alle mani.
- Tremori fini o grandi scosse: anche generalizzati in tutto il corpo.
- Dispnea o sensazione di soffocamento.
- Sensazione di asfissia: si percepisce un groppo alla gola che pare impedisca il passaggio dell’aria.
- Dolore o fastidio al petto: peso e/o dolore al petto, in ogni sua parte, anche al centro in prossimità del cuore.
- Nausea o disturbi addominali: il che provoca vomiti o continua urinazione e/o defecazione.
- Sensazione di sbandamento, instabilità, testa leggera o svenimento.
- Derealizzazione, sensazione di irrealtà o depersonalizzazione, sensazione di essere distaccati da se stessi: trattasi non di svenimento, bensì di ottundimento della percezione, che risulta ovattata o amplificata.
- Paura di perdere il controllo o di impazzire: il paziente è portato a temere questo soprattutto quando le crisi si ripetono nel tempo con cadenza regolare, senza preavviso e senza alcuna logica apparente (ma che in realtà esiste).
- Paura di morire: è un sintomo particolarmente importante nelle fasi iniziali di apparizione delle crisi. Il paziente, che è in stato confusionario e allarmato, teme che quelle sensazioni fisiche che sta lamentando possano condurlo a perdere la vita. Ma va precisato che l’attacco di panico non provoca in alcun modo la morte.
- Parestesia, sensazione di torpore o di formicolio: localizzata all’estremità delle dita, ai piedi, addormentamento al viso, al mento, alle labbra.
- Brividi di freddo o vampate di calore: i pazienti descrivono di percepire brividi al corpo o vampate al viso o alle mani.
Tuttavia, la diagnosi del disturbo d’attacchi di panico non è così semplice: una diagnosi ben fatta non si può basare esclusivamente sui sintomi lamentati dal paziente, ma deve procedere ad eseguire una diagnosi differenziale.
Si tratta della diagnosi che va ad identificare la causa possibile che scatena le espressioni sintomatiche: si può fare riferimento, ad esempio, alla somministrazione di determinati farmaci che possono predisporre particolari effetti collaterali ravvisabili nei suddetti sintomi, o ancora all’assunzione di droghe (senza andare troppo oltre, perfino la caffeina presente nel caffè o la nicotina delle sigarette possono generare l’accelerazione dei battiti cardiaci, predisponendo a una sensazione di svenimento per un apporto ridotto di ossigeno al cervello o a una sensazione di sudorazione).
La diagnosi esatta deve prestabilire, inoltre, se il disturbo d’attacchi di panico sia dovuto e correlato ad altro disturbo fisico o psicologico: ad esempio, l’ipotiroidismo o l’ipertiroidismo possono predisporre alla manifestazione di alcune determinate espressioni sintomatiche.
Dal punto di vista psicologico, si può affermare che il disturbo preso in esame può presentarsi in compresenza con altri disturbi: capita spesso che si leghi a quello di ansia sociale o dell’umore.
A tal proposito, il paziente che convive da anni con le crisi di panico può cadere in uno stato depressivo a causa dello scoraggiamento dinanzi a tentativi di cura fallimentari, motivo per cui si rassegna alla convinzione che la sua condizione resterà cronica, da ciò l’abbassamento dell’umore e l’incremento dei sentimenti di autosvalutazione.
Accanto a questo si pone il ritiro sociale, particolarmente diffuso tra questi soggetti, specie quando il disturbo di attacchi di panico è accompagnato dall’agorafobia, cioè la paura di quegli spazi intesi come allontanamento dalla base sicura, che nella maggior parte dei casi è costituita dalla propria abitazione, dal posto di lavoro o, addirittura, dal pronto soccorso. Il paziente non si allontana da questi luoghi avvertiti come sicuri e costruisce delle vere e proprie fobie su tutti gli altri spazi lungi da essi.
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